I nostri consigli letterari di settembre

Per Peter Handke «la tempesta sta ancora infuriando»

Ancora tempesta (Quodlibet, 2015) è il capolavoro drammaturgico dell’autore carinziano Peter Handke (Griffen, 1942) tradotto in modo impeccabile da Ylenia Carola e Angela Scròfina nell’ambito del progetto La terra sonora. Il teatro di Peter Handke. La prima, ha studiato Germanistica e Sinologia presso l’Istituto universitario L’Orientale di Napoli, conseguendo la laurea in Letterature e Culture comparate e ha frequentato il dottorato presso l’università di Roma Tor Vergata con attenzione alla ricezione letteraria di Ungaretti all’interno del campo culturale tedesco; la seconda, ha conseguito con lode la laurea specialistica in Lingue moderne, letterature e scienze della traduzione presso l’Università La Sapienza di Roma, ha lavorato presso l’Accademia tedesca di Villa Massimo, specializzandosi nell’insegnamento e attualmente è docente di lingua tedesca alle scuole superiori di primo grado.

Ancora tempesta è pervasa da echi shakespeariani e da trame universali che trovano, grazie alla magistrale penna di Handke, un proprio spazio verbale e scenico riprendendo quella teatralità caratterizzata da ombre, da scene nostalgiche e polverose che si ritrovano anche nelle immagini di Wim Wenders.

Al centro della scena una panca senza tempo e accanto o dietro o in un altro punto, un melo con 99 mele circa […]

Tempesta (dal latino tempĕstas (-atis) «epoca, tempo; burrasca», derivato di tempus «tempo») è uno dei topoi letterari senza tempo: è quella del diluvio universale della Genesi, quella che Ulisse deve affrontare nel suo ritorno ad Itaca, quella dell’omonima opera di Shakespeare.

Una tempesta, però, è anche quella che si è abbattuta sulla tranquilla valle dello Jaunfeld, in Carinzia, terra natia di Peter Handke sul confine austro-sloveno. Attraverso cinque dialoghi che lo stesso autore intraprende con i suoi avi, Handke punta i riflettori sulla minoranza slovena di Carinzia su cui ha gravato il peso della svastica del Terzo Reich che i partigiani sloveni hanno cercato di combattere nel famoso Osvobodilna fronta, il “fronte di liberazione”. Da qui parte l’epopea drammatica di Handke che da lontano sembra essere una tragedia etnica ma da vicino è una ferita familiare ed identitaria ancora aperta. La madre giovanissima, i nonni, due zii caduti al fronte e altri due latitanti per sfuggire alla persecuzione nazista, sono i protagonisti di quella minoranza oppressa ma che con orgoglio intraprende l’unica guerra di liberazione partigiana entro i confini del Terzo Reich che Handke, essendo figlio di una slovena e di un soldato della Wermacht, porta incisa nei suoi geni.

Handke crea una serie di suggestioni foniche attraverso vocaboli, espressioni e proposizioni che ricorrono spesso nel testo. Da qui partono le difficoltà traduttive in quanto gli stessi termini che appaiono più volte nell’opera, in base al contesto in cui figurano, possono assumere sfumature di significato leggermente diverse ma che le due traduttrici hanno saputo riportare al meglio nella versione italiana. Ad esempio, gli epiteti che Handke utilizza continuamente all’interno del suo testo per riferirsi ad alcuni dei protagonisti: finster in riferimento alla sorella della madre che può significare “cupo” o “tetro” a seconda del suo referente; o ancora, einäugig epiteto per descrivere uno dei fratelli della madre viene tradotto non come “monocolo” o “cieco da un occhio” ma come “guercio”. La scelta riflette la volontà delle traduttrici di non appesantire il testo e rispettare il registro linguistico dell’opera in lingua originale. Inoltre, il linguaggio di Handke è colmo di drammaticità, di suspense, caratterizzato da un susseguirsi di termini che creano un ritmo particolare non semplice da riportare nella versione tradotta ma le due traduttrici sono riuscite a mantenere la matrice metrico-fonica del testo.

Importante sottolineare che per chi traduce è imprescindibile cercare di trasmettere al lettore della lingua di arrivo le stesse sensazioni che ha avuto leggendo il testo nella lingua di partenza. È questo che rende la traduzione di Ylenia Carola e Angela Scròfina vincente in quanto hanno scelto di operare una traduzione fedele al testo originale, effettuando i giusti cambi hanno saputo rispettare l’intensità del linguaggio quasi poetico e i rigogliosi giochi di metafore dell’autore di Griffen.

Ancora tempesta, sebbene si presenti come un romanzo, è in realtà costruito come una pièce teatrale in cui si alternano i dialoghi e gli interventi dei personaggi in scena in un clima surreale, quasi onirico, sfocato, di fuga da quella realtà in cui l’uomo ha perso tutto, la sua identità, la sua lingua  in un luogo dove «la tempesta sta ancora infuriando. Tempesta continua. Ancora tempesta».

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