Federico García Lorca e le canzoni popolari spagnole
Federico García Lorca non ha bisogno di presentazioni.Forse, però, non tutti sanno che, oltre a essere stato poeta e drammaturgo, fu anche e ancor prima un talentuoso pianista.Federico nacque a Fuente Vaqueros, nei pressi di Granada, in Andalusia, in una famiglia di piccoli proprietari terrieri. L’ambiente in cui visse fu ricco di stimoli e suggestioni: attraverso i vicini e la servitù, la gente del popolo, visse il contatto più autentico con la musica della sua terra.

Il padre di Lorca era un uomo a cui piaceva riunire chitarristi e cantanti dopo la giornata di lavoro in campagna. Lì si cantava e lì Federico iniziò a imparare a suonare la chitarra flamenca grazie ai gitani El Lombardo e Frasquito er de la Fuente.Un momento chiave per la formazione musicale di Federico fu l’incontro con Manuel de Falla, avvenuto nel 1920. Per Lorca de Falla diventò un faro, un maestro attraverso cui rafforzò il rapporto con la musica popolare che aveva stabilito intuitivamente nella sua infanzia. Attraverso la musica colta di de Falla, dunque, Federico elevò a un livello poetico i contenuti della musica popolare spagnola e precisamente andalusa che aveva respirato da piccolo e che ricercò una volta cresciuto.
Lorca raccontò che, nella sua ricerca sulla musica popolare spagnola, si imbatté in una donna del popolo che faceva addormentare suo figlio con una ninna nanna. Attraverso quel canto percepiva tutta una tradizione viva e pulsante che scorreva nel sangue della donna e che si materializzava nella sua voce, in cui apparivano le voci imperiose del passato.L’ incontro con la donna andalusa fu la scintilla che portò Federico alla ricerca e raccolta di ninne nanne da varie parti della Spagna.Questa grande operazione di recupero e rielaborazione della tradizione musicale popolare spagnola trovò compimento nel 1931, quando Lorca armonizzò al piano e incise alcune canzoni popolari a cui la ballerina e cantante soprannominata La Argentinita prestò la voce e il taconeo, ovvero il battere del ritmo con i tacchi tipico del flamenco.

Le canzoni, così raccolte, spaziano tra vari temi che delineano il tessuto storico, sociale e umano di una terra teatro di incontri, scontri e contaminazioni. Troviamo una ninna nanna Nana de Sevilla e Zorongo Gitano, una canzone su una gitana loca che è matta da legare, appunto, perché l’amato non la ricambia e quindi, preda della pazzia, esce nel patio, piangendo disperatamente e credendo che ciò che sogna sia la realtà.
C’è, inoltre, un inno a Siviglia, ¡Viva Sevilla!, e alla sua ineguagliabile bellezza, nei suoi quartieri gitani Macarena e Triana.Non possono mancare riferimenti ai toreri: due fratelli che si sfidano per stabilire chi sia il migliore nel Café de Chinitas, un luogo che, a Malaga, ospitava spettacoli di flamenco.

La tensione che caratterizza la lotta contro il toro assume tinte tragiche nel brano Los mozos de Monleón, in cui si racconta la morte straziante di Manuel Sánchez in seguito alla maledizione della madre del ragazzo, che voleva essere un tentativo di dissuaderlo dallo sfidare il toro.
Altre canzoni, invece, mostrano il tessuto storico di dominazione araba e di convivenza a tratti pacifica e a tratti conflittuale tra ebrei, cristiani e musulmani: ne Las Morillas de Jaén, la voce narrante si innamora di tre graziose ragazze musulmane che dicono di essersi convertite al cristianesimo, mentre nel Romance de don Boyso, il cavaliere che dà il titolo alla canzone si mette in cammino per cercare una fidanzata cristiana: trova una fanciulla che lava a una fonte e dice di essere cristiana e prigioniera. Don Boyso la fa salire a cavallo per condurla a casa con sé, ma nel tragitto la ragazza si rivela essere sua sorella, un tempo strappata alla famiglia d’origine.
Se questo mondo ti ha incuriosito, qui https://www.youtube.com/watch?v=ROdgbLknTm4 puoi ascoltare la puntata del mio format webradiofonico “Latitudini Sonore” su Radiò, in cui tra aneddoti e canzoni racconto la Spagna in musica.
di Debora Carlomagno