Consigli letterari di dicembre

CECITÀ: VEDERE LA CRUDELTÀ SOCIALE CON GLI OCCHI DI SARAMAGO

“Quero que o leitor sinta tanto sofrimento ao ler quanto eu teria sentido ao escrever”.

È questo il desiderio che lo scrittore portoghese José Saramago, vincitore del Premio Camões nel 1995 e del Premio Nobel per la letteratura nel 1998, unico di lingua portoghese, disse del suo libro Cecità (in portoghese Ensaio sobre a Cegueira), pubblicato nel 1995.

Da cosa scaturisce la sofferenza di Saramago? 

L’autore soffre di fronte alla difficoltà di stesura del testo data dal tema stesso. Un tema che riflette sull’azione dell’uomo che vive il suo essere senza razionalità e che l’autore definisce come “cegueira da razão”.

Una frase come “secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono”, palesa la reale origine della cecità, che si riconduce al buio della ragione. La cecità, in questa prospettiva, va oltre il semplice deficit visivo, s’insinua nelle sfere più intime dell’uomo fino a renderlo incapace di agire in modo ragionevole.

Non è però una normale cecità, ma viene definita come una “cegueira branca”, una “mare di latte” che avvolge l’uomo in un candore, opposto al nero e al buio. Un candore talmente accecante che esso stesso rende cieco chi lo colpisce.

Saramago riflette sulla cecità della ragione affermando che “stiamo distruggendo il pianeta e l’egoismo di ogni generazione non si preoccupa di chiedere come vivranno quelli che verranno dopo”. Si configura quindi come un racconto-denuncia. Si criticano i valori sociali, materiali e morali, mostrando come siano fragili, perché dove nessuno vede, teoricamente non appare nulla. Per l’uomo immerso nella “cecità bianca”, l’unica cosa che conta è il trionfo dell’”oggi”. Questo è ciò che definisce Saramago come “cecità della ragione“.

Il genio di Saramago sta inoltre nell'”universalizzare” l’incapacità dell’uomo di guarda davvero. Questa generalizzazione passa per i personaggi. Scopriamo perché…

I personaggi che ci presenta Saramago non hanno alcun nome, ma vengono riconosciuti dal lettore solo per le loro caratteristiche, quasi a voler dimostrare come la società moderna non tenga in considerazione l’identità delle persone, ridotte a bestie in lotta tra loro per la sopravvivenza.

Il non uso di nomi propri per identificare i personaggi accentua l’impersonalità del comportamento, cioè la colpa e la responsabilità non sono attribuite a un particolare individuo, ma al collettivo.

Il primo personaggio che ci viene presentato è l’autista e sarà proprio colui che verrà immediatamente colpito dall’epidemia improvvisa e inspiegabile di cecità e che darà poi inizio alla presentazione degli altri personaggi.

Scena dal film Blindness – Cecità (2008)

Attraverso lo “sguardo” della prima vittima dell’epidemia conosceremo la moglie del dottore, la moglie del primo cieco, la ragazza con gli occhiali da sole, il vecchio con la benda nera, e molti altri. Sarà la moglie del dottore ad avere un ruolo fondamentale.

La donna è infatti l’unica che non è stata contagiata e costretta alla visione dell’orrore del vecchio manicomio, luogo in cui vengono rinchiusi i contagiati e proprio in queste pagine Saramago mette in luce in maniera chirurgica tutto l’orrore di cui l’uomo è capace.

Ma dove e quando potrà mai ambientarsi un’epidemia così apparentemente insensata?

Ai luoghi e agli ambienti citati in Cecità non è possibile dare una localizzazione precisa.

Saramago non ci permette di riconoscere una città in cui immaginare le dinamiche della vicenda. Siamo in una città senza, i cui ambienti li conosciamo attraverso coloro che li abitano, come lo studio medico dove si recherà il primo caso colpito dall’epidemia, l’ex manicomio dove vengono rinchiusi tutti i ciechi e che farà da sfondo a tutto il resto del libro. Alla fine, nell’ultima parte del racconto, quando il manicomio brucia è la città a fare da sfondo, una città che appare devastata agli occhi della moglie del medico.

Anche la collocazione temporale rimane indefinita, lasciando tutto molto vago. Di conseguenza non si conosce quanto tempo impiega questa malattia a colpire l’intera popolazione della città e neppure per quanto tempo i ciechi sono tenuti rinchiusi nell’ex manicomio criminale. Tutta la storia appare pertanto avvolta da un alone di mistero sulla collocazione storico-temporale in cui la vicenda si svolge. 

Un quadro così ben composto non può non essere arricchito dallo stile…

La scrittura di Saramago è inconfondibile.

Saramago non si discosta, anche in questo caso, dalla sua scrittura senza punteggiatura, ma non per questo complesso da leggere. Usa un linguaggio crudo, duro, destabilizzante (come l’assenza di virgolette nei dialoghi, di punteggiatura, di paragrafi) che conferisce un tono ancor più spietato al romanzo, in perfetta linea con la crudeltà del potere e degli uomini.

Niente virgolette per i dialoghi, un flusso di parole che spezza il fiato e impone il suo ritmo frenetico. 

Scena dal film Blindness – Cecità (2008)

Un “realismo crudele”

In una situazione che appare utopica, in realtà l’autore ci presenta elementi della società e delle autorità molto vicine a noi. C’è un impressionante realismo nelle pagine di questo libro che ci fa pensare e riflettere sul ruolo delle persone che detengono realmente il potere.

Quelli che hanno la possibilità di essere effettivamente al comando, cosa farebbero? Quali misure si potrebbero prendere? Tali misure si concentrerebbero sul bene comune, sul benessere di tutti?

Il corso della storia risponderà alla fine a queste domande e a molte altre.

Naturalmente si tratta di finzione, ma nell’epoca storica in cui ci troviamo a vivere ci risulta fin troppo facile immaginare, capire, contestualizzare e comprendere a pieno…Chissà cosa Saramago avrebbe pensato della cecità sociale e scientifica all'”epoca del Covid“….

di Roberta Gasbarrone

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