Ma si dice gónna o gònna? Sai che non c’è risposta a questa domanda

A tutti, almeno una volta, è successo di avere un dubbio sulla corretta pronuncia di una parola in
italiano.

Per far fronte a ciò, esiste in linguistica l’ortoepia, sorella dell’ortografia.

Ma che cos’è l’ortoepia?

In linguistica, si definisce ortoepia la pronuncia di riferimento di una lingua, ovvero le regole per una pronuncia standard delle parole, senza inflessioni o cadenze. L’ortoepia è, quindi, la pronuncia corretta e standard delle parole in riferimento sia alla sfera parlata che a quella scritta. Si comprende, quindi, che l’ortoepia va di pari passo con l’ortografia che fornisce le norme per la corretta scrittura di una lingua. È chiaro che nell’ortografia, sorella dell’ortoepia, la prosodia non è riproducibile

L’italiano, però, è privo di ortoepia. Cosa significa? E a cosa è dovuto?

Per rispondere a queste domande ci vengono in aiuto le origini e la storia linguistica dell’italiano.

L’italiano è una lingua particolare e da molti “addetti ai lavori” viene considerata una “lingua strana“. Perché?

A differenza delle altre lingue che si sono sviluppate prima oralmente per poi configurarsi come lingue scritte, la lingua italiana si è formata con il processo inverso: si è affermata prima come lingua scritta sulla base del modello fiorentino trecentesco impiegato dalle Tre Corone, ovvero dai tre grandi poeti italiani del ‘300, Dante, Petrarca e Boccaccio. Questo ha fatto sì che l’italiano non sia nato come una lingua destinata a una comunicazione orale ma, a partire dal 500, si è imposta come una lingua scritta letteraria

Infatti, l’italiano è stato per secoli poco parlato.

In una situazione in cui è ben presente una grande varietà di dialetti, l’italiano come lingua comune e nazionale si è limitata all’uso scritto di un’élite ristretta e l’analfabetismo dilagante ha impedito alla popolazione di apprendere l’italiano che diventerà una vera e propria lingua parlata solo nel Novecento, quando il dialetto che, se prima era il mezzo espressivo di cittadini eminenti utilizzato nelle situazioni ufficiali, negli anni ’70 e ’80 del XX secolo scenderà nella considerazione sociale limitandosi alla sfera famigliare e del quotidiano.

In questo modo, l‘italiano diventerà il patrimonio della maggioranza degli italiani.

Tuttavia, considerata la sua origine “parlata”, l’italiano è privo di ortoepia. Ma cosa comporta?

Se l’ortografia è sorella dell’ortoepia, al tempo stesso nell’ortografia la prosodia non è riproducibile. Quello che si tenta di fare nel caso dell’italiano è di rendere meno marcata la pronuncia e di assimilarla a quella tosco-romana colta, ma è comunque molto difficile in quanto l’Italia è un insieme di varietà regionali che all’interno della lingua parlata sono preponderanti. Per questo, la diversa articolazione delle vocali più o meno aperte dipende dalle varie cadenze locali e regionali. Quindi, per fare un esempio, sia gónna che gònna sono accettate e considerate pronunce corrette.

Ricordiamoci, infine, di non confondere l’ortoepia con la dizione. Quest’ultima, oltre a considerare la corretta pronuncia delle parole, studia l’insieme dei meccanismi della fonetica articolatoria e la fisiologia della produzione del linguaggio orale. 

Una curiosità. La Rai Eri nel 1969 ha pubblicato il DOP, il Dizionario di ortografia e pronunzia redatto da Bruno Migliorini, Carlo Tagliavini e Piero Fiorelli. Ad oggi, è considerato il più grande dizionario ortografico e ortoepico della lingua italiana. Oltre alla versione cartacea, è disponibile anche online. Qui il link: http://www.dizionario.rai.it/

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