L’ “ouro negro” del Brasile

Il caffè, una delle bevande più conosciute e consumate, ebbe origine in Etiopia e ben presto raggiunse il resto del mondo accompagnando le giornate dei consumatori con brevi pause o veri e propri rituali.

Ma come è diventato il Brasile il principale esportatore mondiale (ancora oggi)?

Con la diffusione su larga scala, il caffè iniziò ad essere coltivato in modo intensivo nelle colonie inglesi e olandesi espandendosi poi anche in tutto il Centroamerica. Da questo momento anche il Brasile divenne centro importante di coltivazione e commercializzazione e a partire dal 1727, rappresenta il 30% della produzione totale. Conseguentemente a questo grande successo nacque il concetto di epoca della “cafeicultura”, diffusosi maggiormente in seguito al fasto dei grandi baroni, i quali ostentavano le loro ricchezze provenienti proprio dalla coltivazione del cosiddetto “ouro nero”.

L’espandersi del mercato del caffè portò all’acquisto da parte dei ricchi signori di “fazendas” in cui praticare la “cafeicultura” ma che, d’altro canto, provocò la massiccia diffusione della schiavitù africana.I grandi produttori brasiliani prendono così il nome di cafeicultores, grandi proprietari terrieri che si arricchiscono a dismisura nelle cafezais, terre di coltivazioni del caffè.

Il caffè: l’”ouro preto” del Brasile. Come è successo?

Le prime radici della pianta arrivarono in Brasile grazie a Francisco de Melo Palheta, nel 1727, a Pará. Da allora, il caffè si diffuse timidamente lungo la costa brasiliana, in direzione sud, fino a raggiungere la regione di Rio de Janeiro, intorno al 1760. 

La commercializzazione del caffè garantì al Brasile importanti introiti che permisero, oltre ad uno sviluppo socioeconomico, anche la propagazione di comunità produttrici con nuovi terreni per la coltivazione, la costruzione di strade e l’apertura al commercio internazionale.

Lo sviluppo dell’industria del caffè attrasse milioni di immigrati e, da questo momento, anche molti europei entrarono a far parte del processo di raccolta e produzione. Nei primi anni del 900 la produzione di caffè in Brasile vive una crescita esponenziale, in particolar modo la produzione aumenta di molto a San Paolo e negli stati di Panamá e Minas Gerais, diventando così un ricchezza significativa per l’economia brasiliana.

Fondamentale fu proprio il ruolo di San Paolo che divenne ben presto un centro industrializzato passando da 30.000 abitanti nel 1830 a circa 240.000 nel 1900.L’arricchimento é tale che si parla del caffé come dell'”ouro negro de São Paulo, arricchimento che ricade sul piano economico e sociale e non interessando l’intera popolazione. Nasce, così, una vera e propria aristocrazia del caffè.

Come si arriverà a “bere caffè” anche in politica?

È curioso come l’“ouro nero” si sia inserito anche linguisticamente in espressioni divenute poi di uso comune in ambito politico, vista l’importanza sempre crescente dei cafeicultores anche in politica. Ci riferiamo all’espressione “Política do Café com Leite”, usata per caratterizzare un sistema politico tipico del periodo storico brasiliano della Repubblica Oligarchica dal 1898 al 1930.La “Republica do café-leite” è un accordo politico tra Minas Gerais e San Paolo, principali produttori, per dividersi il potere. Questa procedura consisteva nell’alternare la carica di Presidente della Repubblica tra le oligarchie dei due stati più potenti dell’epoca, San Paolo Minas Gerais. Le caratteristiche economiche di questi due stati, cioè la produzione di caffè a San Paolo e la produzione di latte a Minas Gerais, sono servite come motto per la denominazione “Política do Café com Leite”.

Con il successivo crollo della Borsa di Wall Street del ’29.Tale crisi porta alla crisi del commercio di caffè e alla perdita di potere da parte dei cafeicultores. Finisce così la “Republica do café-leite” e salirà al potere un esponente del sud, Getulio Vargas.

Il caffè: un “ouro preto” che affascina il mondo. Ma è facile dire caffé…

La qualità che subito ottenne maggior pregio e che ancora oggi ritroviamo nel caffè che consumiamo durante le nostre pause è l’Arabica con il gusto intenso e con note di frutta secca e caramello garantite dalla sua coltivazione in terreni ricchi di sali minerali e dalla vicinanza delle piante ai grandi altipiani. Questa speciale caratteristica ha fatto sì che si riprendesse il termine di “terroir” coniato dal mondo vinicolo e che va ad identificare il particolare terreno di coltivazione. 

Anche in Italia possiamo assaporare le varietà brasiliane o addirittura il vero e proprio “caffè brasiliano” secondo la ricetta tradizionale che prevede l’aggiunta di Baileys, latte, cacao amaro in polvere e zucchero. 

Il legame che i Paesi del Centroamerica hanno con la “cafeicultura” ha permesso anche la nascita di corsi universitari per la formazione di figure professionali specializzate sullo studio del processo di raccolta, produzione, commercializzazione di questo prodotto che ha accompagnato letterati, pensatori, politici nella discussione e scrittura dei loro pensieri, parole, opere in tutto il mondo.

di Roberta Gasbarrone

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