Pillole di linguistica: le lingue di contatto e il caso dei creoli africani di base portoghese

Presentiamo oggi la nuova rubrica di approfondimento linguistico, in collaborazione con Pillole di linguistica con questo primo articolo. La rubrica si dedicherà ad approfondire in chiave linguistica alcuni concetti chiave dello studio della linguistica, a cura di Jusy di Pillole di linguistica, a cui seguirà un approfondimento del tema nel mondo lusofono e ispanofono curato da Lusofilia.

Inauguriamo la rubrica con il primo argomento: le lingue di contatto e il caso dei creoli africani di base portoghese.

Il contatto tra due lingue dà luogo a tanti fenomeni linguistici, ma quando il contatto diventa sempre più pervasivo e si prolunga nel tempo, può determinare anche la ‘fusione’ di due lingue e la conseguente ristrutturazione dei due sistemi linguistici fino ad arrivare alla nascita delle cosiddette lingue di contatto. 

Le lingue di contatto sono, quindi, lingue che nascono come esito di un forte contatto e che sono composte da elementi non riconducibili a un’unica lingua.

Principalmente, le lingue di contatto sono i pidgin e i creoli.

I pidgin nascono per una funzione ben precisa: la comunicazione tra parlanti con lingue materne diverse. È il tipico esempio delle situazioni coloniali. Infatti, all’epoca delle colonizzazioni, gli europei arrivavano nelle “nuove terre” senza conoscere la lingua dei locali, dunque, il pidgin nasce per soddisfare i bisogni comunicativi delle comunità che non riescono a comprendersi reciprocamente.

La maggior parte dei pidgin e dei creoli sono nati in seguito all’espansione coloniale europea che si verificò dal XV al XX secolo. Il processo di formazione di un pidgin è chiamato pidginizzazione. Dal punto di vista strettamente linguistico, un pidgin è un sistema semplificato, cioè presenta fenomeni di semplificazione, ma anche di ristrutturazione e rianalisi che rendono la grammatica del pidgin autonoma e, quindi, diversa dalle lingue di partenza.

Un’importante deduzione che possiamo fare a questo punto è che il pidgin non ha parlanti nativi, cioè nessuno ha come lingua madre un pidgin, perché nasce fondamentalmente come lingua franca. Tuttavia, con il tempo, può essere trasmesso come lingua materna, ma, da quel momento, il pidgin si sarà sviluppato in un creolo.

Il processo di creolizzazione prevede che il pidgin amplifichi i propri domini d’uso. Il creolo, infatti, è destinato ad estendere le proprie funzioni, mentre il pidgin era circoscritto a certi domini (come gli scambi commerciali). Infine, un creolo sviluppa un lessico e una grammatica più elaborati rispetto a quelli del pidgin da cui deriva.

Un esempio molto interessante del fenomeno linguistico del creolo è la presenza dei cosiddetti creoli africani di base portoghese parlati nei cinque Stati africani (Guinea-Bissau, Angola, Mozambico, arcipelago di Capo Verde, isole di São Tomé e Príncipe) che hanno il portoghese come lingua ufficiale.

Ma come si sono formati i creoli di base portoghese in Africa?

Sul piano linguistico, inizialmente il bisogno immediato di comunicare dei coloni con le popolazioni locali favorisce lo sviluppo di forme di linguaggio ibride, di incontro. Il dominio politico, economico e sociale del Portogallo fa sì che, successivamente, sia il portoghese la lingua di riferimento: in una comunità multilingue, infatti, la lingua socialmente funzionale diventa inevitabilmente anche quella dominante.

In tal senso, a partire dal XVI secolo, l’uso del portoghese non si limita ai solo contatti con le popolazioni locali, ma diventa una lingua commerciale rilevante, delineandosi come “lingua franca”, fondamentale per l’intercomprensione in Asia e in Africa, usata per l’amministrazione, per il commercio e per la comunicazione tra le varie potenze europee.

Successivamente l’evoluzione linguistica nei differenti territori colonizzati non sarà omogenea. In alcuni casi, come quello del Brasile, la lingua portoghese riesce ad importarsi (sostenuta anche da un gran numero di parlanti), dando così origine ad una variante definita del diasistema. In altri casi, come quelli di comunità multilingue, le lingue ibride si consolidano fino a diventare lingua materna per le nuove generazioni e dando origine ai creoli di base portoghese.

Ciò accade principalmente in contesti in cui il modello portoghese non fu vincente e la lingua iniziò a perdere funzionalità rispetto agli altri dialetti locali. Da citare i territori dell’Angola e del Mozambico, in cui, secondo gli studiosi, il portoghese si deve quasi considerare come una lingua straniera, che si inserisce in un contesto già di per sé molto eterogeneo a livello linguistico. Nonostante sia lingua madre di molti angolani, ad esempio, per la maggioranza della popolazione il portoghese è una seconda lingua, con funziona di lingua veicolare20. In Mozambico invece, secondi i dati del 1997, il 39,6% della popolazione parla portoghese e solo l’1%, secondi i dati del 1980, era madre lingua portoghese.

di Jusy de Simone (per la parte di approfondimento linguistico)

di Veronica Pietronzini (per la parte di approfondimento sui creoli africani di base portoghese)

3 pensieri su “Pillole di linguistica: le lingue di contatto e il caso dei creoli africani di base portoghese

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