Diario di viaggio dal Mozambico: parte 6

Come ogni volta che si va all’estero, ci sono sempre dei fatti e delle circostanze che ci stupiscono e ci lasciano interdetti. Un’esperienza di vita letteralmente dall’altra parte del mondo non è da meno.

Potremmo dire che quasi tutto ricade all’interno della definizione di shock culturale, visto che lo stile di vita, la cultura e il paesaggio sono assai diversi dai nostri.

Alcune cose mi hanno però colpito più di altre, e credo valgano una descrizione più approfondita.

Trovate qui di seguito 6 shock culturali che hanno segnato il mio viaggio:

  1. Protocollo e formalità. In Mozambico riveste importanza capitale il protocollo comportamentale sul luogo di lavoro: che si tratti di interfacciarsi con il proprio collega, il proprio capo o il presidente della Repubblica, tutto è rigidamente codificato. L’informalità non è contemplata, le forme di cortesia, le frasi fatte e i convenevoli costituiscono solitamente più del 50% del corpo di una mail o del testo di un discorso e per rivolgersi a qualsiasi persona è di vitale importanza conoscerne il ruolo per poter utilizzare l’appellativo corretto: egregio, illustre, stimabile, eccellentissimo, onorevole, e chi più ne ha più ne metta. Ognuno di questi termini dev’essere indirizzato ad una persona in un particolare grado della scala gerarchica, e guai confondersi. A questo si aggiunge l’abitudine a parlare appunto per frasi fatte prive di reale significato, volte più a cercare di essere estremamente accondiscendenti, cortesi e compiacenti, senza mai esprimere veramente quello che si pensa. Questo modo di interfacciarsi arriva a diventare un ostacolo alla comunicazione quando, per esempio, si cerca un’opinione da parte di qualcuno, magari perché riuniti per cercare di affrontare un problema, con il risultato che è sempre estremamente difficile capire cosa una persona pensa davvero, così come arrivare a soluzioni condivise. Al contempo, quando da parte degli occidentali arriva un discorso diretto, non scortese ma senza convenevoli e dritto al punto, viene interpretato come una mancanza di eleganza e di rispetto
  1. Cibo e orari dei pasti. Se non avete nessun problema a mangiare insalata di cipolle con la maionese per colazione potete saltare questo punto. Lungi da me rinnegare la colazione salata, ma non sono mai riuscita ad abituarmi alla colazione mozambicana: patatine fritte o mandioca bollita, maionese e/o ketchup, uova, salame e appunto insalata di cipolle e cavoli. E capirei pure se fosse un brunch, ma questo pasto viene consumato solitamente prima delle 7 di mattina (molto prima). Colazione importante per giornate importanti. Non è difficile capire da dove venga l’abitudine di mangiare molto a colazione, visto che poi i contadini vanno nei campi e ci restano fino a che non tramonta il sole, ma il mio stomaco non è mai riuscito ad abituarcisi. Nei fine settimana poi l’orario del pranzo e della cena possono variare a tal punto per cui alle 16 si possono incontrare due persone al ristorante, una che sta pranzando e l’altra che sta cenando. Questo per me diventava un problema quando mi invitavano fuori. Non capivo mai se dovevo arrivare già a stomaco pieno, oppure l’appuntamento delle 17 era non per bere un tè ma per cenare. Non sono riuscita quasi mai ad azzeccarci.
  1. Sveglia. Per concludere con gli orari, la sveglia a Tete era molto presto. Normalmente le persone alle 5 di mattina sono già operative. Alle 4, se prima di cominciare la giornata volete fare una corsetta col fresco. Ricordo che andando all’aeroporto di Maputo alle 4:20 del mattino le strade erano piene di runners. In generale tutti i miei colleghi, nessuno escluso, si svegliavano verso le 5 per essere il ufficio alle 7:30. Ovviamente si andava a dormire anche molto presto: il sole tramonta alle 17:30 d’inverno e alle 19:30 d’estate, il crepuscolo è molto breve perciò alle 21 è già notte fonda da un’ora e, tranne i fine settimana, le attività serali non sono molte. 
  1. Figli e famiglia. Essere una donna di quasi 30 anni e non avere figli non è una situazione concepibile, figuriamoci non essere nemmeno sposate. Ecco quindi la prevedibile reazione stupefatta con occhio spalancato alla notizia dell’assenza di prole e consorte. I commenti migliori che ho ricevuto sono due: il primo da parte di un mio collega che, nel giorno del mio compleanno, senza nemmeno preoccuparsi di farmi gli auguri, mi apostrofa con “è proprio ora di farsi una famiglia!”. Secondo episodio tragicomico: aeroporto, ufficiale di polizia che controlla il passaporto e alla vista della nazionalità mi chiede con che cuore io abbia lasciato i miei figli da soli in Italia. Alla notizia che non avevo figli si fa sinceramente preoccupato chiedendomi uno strabiliato: “e perché?!”. A parte gli scherzi (i fastidi e il sessismo), non ho conosciuto ragazze della mia età senza figli e famiglia, e questo è stato un ostacolo anche per la socializzazione, perché mancavano delle persone che stessero attraversando la mia stessa fase della vita con gli stessi problemi e preoccupazioni, ed è stato molto difficile farmi amiche della mia età.
  1. Sicurezza. È molto comune avere una guardia notturna, ma in alcuni casi anche diurna, a protezione della casa, soprattutto nelle abitazioni più ricche. Alcune hanno anche muri di cinta molto alti sormontati da filo spinato o elettrificato. Se in Italia può essere normale che le abitazioni delle figure pubbliche più importanti abbiano la sicurezza privata, è meno comune osservarla per i privati cittadini, per quanto abbienti. A questo proposito è utile ricordare come il Mozambico sia uno dei Paesi con più disuguaglianze sociali ed economiche del mondo, dove le persone più ricche ricorrono a delle forme di protezione che ai miei occhi apparivano tristi ed inquietanti.
  1. La Luna. Per finire con una nota leggera: la forma della luna è al contrario. Essendo nell’emisfero sud la luna crescente aveva una concavità verso l’alto, detto in parole povere assumeva la forma di un sorrisino nel cielo, che sembrava il sorriso dello Stregatto. Inoltre mancando l’inquinamento luminoso, soprattutto nei giorni in cui saltava l’energia elettrica, le stelle e la via lattea erano chiaramente visibili anche dal centro della città.

di Elena Mazzalai

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