Oggi, 16 novembre 2022, ricorrono i 100 anni dalla nascita di uno dei più grandi scrittori portoghesi del XX secolo: José Saramago!
José de Sousa Saramago (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno 2010) è stato uno scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta, critico letterario, traduttore portoghese e vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1998.

Cosa sappiamo della vita di questo celebre scrittore?
Nato da una famiglia di agricoltori nella regione del Alentejo, si trasferì con tutta la famiglia a Lisbona per motivi di lavoro del padre. Successivamente, a causa delle difficoltà economiche che la famiglia continuava ad attraversare, fu costretto a lasciare gli studi all’istituto tecnico e, dopo una serie di lavori precari, riuscì a trovare un lavoro stabile nel campo dell’editoria.
Dai primi passi… alla fama internazionale
È all’anno 1947 che risale la scrittura del suo primo romanzo, Terra del peccato, opera che ebbe dei problemi con la censura a causa del regime dittatoriale di Salazar che vigeva in Portogallo e al quale Saramago si oppose sempre pesantemente. Dal 1955, invece, inizia a lavorare come traduttore di celebri scrittori quali: Maupassant, Tolstoj, Baudelaire, Hegel, André Bonnard, Étienne Balibar e Raymond Bayern; per poi tornare nel 1966 a dedicarsi solamente al mondo della produzione letteraria, anno a cui risale, inoltre, la produzione della sua prima raccolta di poesie I poemi possibili. Negli anni settanta diventa direttore di produzione per una casa editrice e, dal 1972 al 1973, cura l’edizione del giornale Diario di Lisbona. In quegli stessi anni pubblica diverse poesie, Probabilmente allegria (1970), diverse cronache, come Di questo e d’altro mondo (1971), Il bagaglio del viaggiatore (1973) e Le opinioni che DL ebbe (1974), ma anche testi teatrali, romanzi e racconti.

Dal 1974 in poi, in seguito alla Rivoluzione dei Garofani, Saramago si dedica completamente alla scrittura e getta le fondamenta di quello che può essere definito un nuovo stile letterario. In pochi anni avranno successo anche opere come L’anno della morte di Ricardo Reis e La zattera di pietra che, oltre al successo che riscuotono tra il pubblico, gli varranno numerosi riconoscimenti della critica.
Separato dalla prima moglie Ida Reis, nel 1988 Saramago sposa in seconde nozze Pilar del Río Gonçalves che si occuperà di tradurre le sue opere in lingua spagnola.
La fama a livello internazionale arriverà solo negli anni Novanta con Storia dell’assedio di Lisbona, Il Vangelo secondo Gesù Cristo e Cecità. Nel 1998 gli viene assegnato il premio Nobel per la Letteratura perché “con parabole, sostenute dall’immaginazione, dalla compassione e dall’ironia ci permette continuamente di conoscere realtà difficili da interpretare”.

José Saramago e l’Iberismo
Un interessante aspetto di Saramago è il suo essere stato un convinto sostenitore dell’Iberismo, ovvero la credenza secondo la quale vi sia la necessità di avere un’unica entità politica nella Penisola Iberica. Difatti, in una lunga intervista del 2007 al Diario de Noticias afferma che tra Spagna e Portogallo vi sarebbe stata una naturale integrazione che avrebbe portato ad una futura unità, ed è proprio in una sua opera, La zattera di pietra, che lo scrittore immagina una separazione fisica della penisola dal resto d’Europa!

Qualcosa sullo stile
Uno degli elementi che più caratterizzano le opere di Saramago è il narrare eventi cercando di mettere in luce il fattore umano dietro l’evento. Inoltre, la scrittura di Saramago si contraddistingue per l’uso di frasi molto lunghe e l’uso della punteggiatura in un modo anticonvenzionale. Ad esempio, non usa le virgolette per introdurre i dialoghi, non segna le domande col punto interrogativo, i periodi possono essere lunghi anche più di una pagina e interrotti solo da virgole dove la maggior parte degli scrittori userebbe dei punti.
Concludiamo con una frase tratta dal romanzo Cecità (Ensaio da Cegueira in portoghese):
«Essere un fantasma dev’essere questo, avere la certezza che la vita esiste, perché ce lo dicono quattro sensi, e non poterla vedere.»
di Irene della Siega